La dogana
La dogana assunse le forme architettoniche dopo che il principe Francesco Marino Caracciolo ne commissionò il restauro a Cosimo Fanzago dopo che lo stabile era caduto in abbandono in seguito alla peste del 1656.
La facciata è divisa in cinque moduli su due livelli di cui solo quello inferiore ospita lunette che danno luce all’interno.
Il piano terreno è diviso da cinque archi dei quali quello centrali e i due esterni sono portoni, mentre in passato solo quello centrale era aperto come documentato da varie immagini d’epoca. A sottolineare la maggiore importanza del portale centrale vi sono due mensole che un tempo ospitavano due statue antiche: Diana e Efebo. Ai due lati della facciata erano presenti due leoni reggenti lo stemma del Principato Ultra, posti ai lati del portale di Palazzo Caracciolo.
Il piano superiore si divide in riquadri che riflettono i cinque archi sottostanti. Quello centrale ospita una lapide in ricordo del restauro del Fanzago. Gli altri quattro riquadri ospitavano in nicchie circolari busti di: Augusto, Adriano, Pericle e Antonino Pio. Tra questi due nicchie ospitavano una Venere Anadiomene e la statua di Francesco Marino Caracciolo. Agli estremi vi sono gli stemmi della famiglia.
A coronamento del tetto una balaustra ospitava altre statue provenienti da Abellinum.
Dopo il terremoto del 1980 la dogana subì molti danni, ma il colpo di grazia fu l’incendio degli anni novanta, periodo in cui la dogana ospitava un cinema e che ha fatto rimanere in piedi solo la facciata e la base delle mura perimetrali. Da allora è abbandonata.